Informazioni personali

La mia foto
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità, non può per tanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7/03/2001

giovedì 9 aprile 2015

Amore Innocente




Cos è la vita? Ho iniziato a chiedermelo da poco, da ieri per la precisione. Prima non ci avevo mai pensato. Era tutto così scontato, così banale, così normale. E poi, si sa, le cose cambiano, certe volte in meglio, certe altre in peggio, ma cambiano. Come cambiamo tutti, in fondo. Il fatto è che adesso ho paura. Paura di vivere - quel che mi resta - e paura di morire, perché prima o poi accadrà. Non ci avete mai fatto caso che della morte si parla poco? Forse per esorcizzarne la paura, forse perché la vediamo come un qualcosa che sì, toccherà a tutti, ma non adesso, fra anni, tanti anni. Non è così. E, soprattutto, quando arriva, arriva. Non è come un licenziamento, del quale vieni avvisato almeno trenta giorni prima, per avere il tempo di somatizzare la notizia e iniziare a cercare altro, per aggiornare il curriculum che avevi salvato chissà dove nel computer, in chissà quale cartella. Se non lo trovi devi pure perder tempo a rifarlo. È sempre stata una “rottura” fare il curriculum. Che poi mi sono sempre chiesta se ci sia uno standard o se ognuno di noi vada su Google, scriva “come fare un curriculum”, scelga una delle mille opzioni di schemi che gli si offrono sullo schermo e via alla compilazione. Mah… che pensieri stupidi!! In ogni caso, riprendendo il filo del discorso, alla fine uno non sa se sia meglio non sapere quando e come avverrà quel momento, oppure essere preparati. Si può essere preparati a morire? Non credo, ma se uno sa che quel momento si sta avvicinando può prepararsi, nel senso che può salutare tutti gli amici, anche quelli che non vedeva e sentiva da anni, può scusarsi degli errori fatti o delle arrabbiature inutili o sbagliate, può abbracciare le persone alle quali tiene, può dire “ti voglio bene” a quelle stesse persone guardandole negli occhi, può respirare la vita che gli rimane a pieni polmoni, può fare ciò che ha sempre sognato ma, un po’ per pigrizia, un po’ per paura non ha mai fatto. Insomma… può tirare fuori quel coraggio che sapeva di avere, ma di cui non ha mai fatto uso. Riflettendoci bene su, però, non credo sia corretto comportarsi così, nel senso che dovrebbe essere scontato. Mettere tutta la nostra volontà in ogni cosa che facciamo ogni giorno, mai andare a dormire la sera senza prima aver chiesto scusa delle nostre mancanze o alle persone che, volontariamente o involontariamente, abbiamo offeso, sorridere sempre, cercare di essere felici, di gioire anche per le piccole cose. La verità è che ce ne rendiamo conto quando ormai è troppo tardi, quando manca poco, quando la fine sta per arrivare. E quando dico fine, intendo la fine di tutto. Anche se non è corretto dire così perché, almeno per i credenti di qualunque religione, c’è un dopo. Quello che ci spaventa è che non sappiamo cosa aspettarci. E poi la cosa più dura è staccarci dalle cose materiali, dalle persone che amiamo, dagli affetti e, diciamolo pure, da tutto ciò che ci circonda, dal mondo, dalla vita… Perché siamo nati per vivere. Ci sono, comunque, persone che vivono nell'attesa della morte. Mi spiego meglio: persone che sono così credenti da aspettare con gioia la morte per vivere la vita eterna, quella a cui, secondo il disegno divino, siamo chiamati. Ne ho conosciute di persone così e non posso nascondere la mia grande ammirazione nei loro confronti, in quanto non c’è nulla che le spaventi, nulla che le turbi. Ricordo la mamma di un ragazzo di appena vent'anni che ha scoperto di essere affetto da una forma di leucemia e che ha dovuto eseguire tutto l’iter delle cure: chemioterapia, radioterapia, con le solite, terribili conseguenze (perdita di capelli, vomito, nausea, dolore fisico e psicologico). La madre era tranquilla, allegra, solare. Quella di sempre, insomma. “Come ha fatto?” mi chiedo io che mi preoccupo quando qualcuno della mia famiglia ha una leggera influenza o un mal di testa legato alla stanchezza. Eppure ha vissuto quel periodo “nero” e lo ha superato pregando molto e mantenendo la serenità che da sempre la caratterizza. Come si fa a non ammirare una persona del genere? In effetti, se ci pensate, ognuno di noi avrà un progetto divino da portare a compimento. Per alcuni questo disegno ha bisogno di anni e anni per essere completato, per altri ne sono sufficienti di meno. Ma cosa decreta quel “di più” o “di meno”? Perché a me spetta vivere, che so io…, trent’anni e a te ottanta? Cos’hai tu di speciale che io non ho? Sono queste le domande a cui, pur da credente, non riesco a dare una risposta. È che succedono troppe cose brutte. Accendi il telegiornale e, su dieci notizie, almeno sette riguardano mamme che uccidono i propri figli, mariti che ammazzano le mogli, mogli che si fanno l’amante e che poi uccidono il marito ingombrante, per non parlare delle guerre in giro per il mondo dove puntare il fucile sul volto di un bambino innocente, sgozzare persone, lanciare bombe, è come per noi mangiare un piatto di pasta. Ora sto semplificando all’ennesima potenza, ma è solo per spiegare che mi sembra che si reagisca sempre troppo violentemente alle banalità. Pensate solo a quando siete per strada e state guidando. Davanti a voi c’è un semaforo rosso; vi fermate. Scatta il verde e voi, magari distratti, ci mettete un attimo a ripartire. Immediatamente suonano tutti i clacson delle vetture dietro di voi e magari parte anche qualche insulto, perché la gente non ha più pazienza. Credo che il mondo ci stia fuggendo dalle mani, uscendo dal nostro controllo. Siamo sempre di corsa, connessi ogni istante della giornata con il resto dell’universo. Quante volte vi capita, la sera, dopo una intensa giornata di lavoro, di cenare con il vostro compagno o la vostra compagna e i vostri figli e poi, dopo aver sparecchiato e sistemato la cucina, di sedervi sul divano con il televisore acceso, il libro in una mano e il cellulare nell’altra, pronti a controllare ogni notifica, ogni “mi piace” su Facebook, a rispondere prontamente alle mail che vi arrivano. In tutto questo dimenticate di parlare con chi vi circonda, di chiedervi come è andata la giornata, di scambiarvi opinioni su ciò che succede intorno a voi, di confrontarvi sulla routine quotidiana, di ridere guardandovi negli occhi, di consigliarvi sulle scelte importanti della famiglia, della casa, del lavoro. Intanto il tempo passa, e in un niente vi renderete conto di quante cose vi siete persi. Non pensate che, in fondo, i social network e internet, nella maggior parte dei casi, servano più che altro a farci fare i fatti degli altri? Non ditemi che non siete tra quelli che, ogni tanto, cercano il nome di qualche conoscente e vanno a curiosare tra le sue foto, tra i suoi “stati”, ecc.? Sembra che dopo uno si senta meglio. E, in effetti, ci iscriviamo a questi social network proprio per far sì che gli altri possano farsi i fatti nostri, leggere le frasi a effetto che ci affiorano alla mente, sapere se siamo felici, tristi, emozionati, stanchi, ecc. Ci interessa che gli altri possano vedere se siamo belli o brutti, alti o magri, biondi o bruni e capire anche se siamo simpatici o antipatici. D’altro canto oggi viviamo in un mondo dove ci sono più persone che si conoscono solo virtualmente. E, se si andrà avanti così, sarà sempre peggio. Dico peggio perché penso che conoscersi solo attraverso mail, chat, foto, non sia proprio la stessa cosa che vedersi faccia a faccia. È un po’ come quando si vuole cambiare casa e si inizia a cercare su internet cosa potrebbe fare al caso nostro attraverso i siti delle agenzie immobiliari. Certo, un’idea ce la possiamo fare, ma prima di decidere se acquistare o affittare qualcosa credo che tutti vogliano vedere di persona la casa in questione. Le foto, spesso, ingannano. I difetti, infatti, si possono nascondere facilmente e, in base all’angolazione da cui si scatta la foto, il soggetto può apparire più grande o più piccolo, più alto o più basso e così via. Con questo intendo dire che le amicizie virtuali possono essere bellissime, ma rimangono insipide, manca loro qualcosa, quel qualcosa che solo uno sguardo può dare. Tornando al discorso di prima, non trovate che sia proprio brutto non parlarsi neanche più in casa o perché c’è il programma, alla televisione, che non ci possiamo perdere per niente al mondo, o il pc e il cellulare ci tengono compagnia? Adesso anche la lettura sta diventando sempre più virtuale. Io sarò all’antica, ma non riesco a preferire gli e-book al profumo di un libro di carta, nuovo o usato, al rumore delle pagine sfogliate. È vero che i libri costano un sacco, ma esistono anche le biblioteche ben fornite che possono soddisfare le esigenze di tutti, degli appassionati delle storie d’amore e di avventura, dei gialli, dei noir, dei thriller, dei fantasy, ecc. È un bene che la società ogni giorno progredisca un po’ di più, che la tecnologia avanzi, ma ora si sta un po’ esagerando, a mio modesto parere. Immaginate se tornassero indietro i nostri nonni o bisnonni, cosa direbbero? Rimarrebbero sicuramente sbigottiti dal cambiamento che si è verificato negli anni e non capirebbero certi nostri modi di comportarci, perché un tempo ogni istante della giornata rappresentava un momento di condivisione: si lavorava nelle stalle e poi nei campi e la sera, nonostante la stanchezza, ci si riuniva a casa di uno o dell’altro a bere un buon bicchiere di vino e a raccontarsi storie vere o di fantasia. Forse anche per questo si litigava di meno e non si ricorreva tanto spesso alla violenza. Gli scatti d’ira che oggi ci accompagnano sono dettati proprio da un modo di vivere che ci chiede più di quanto noi possiamo dare. Sarebbe bello capire che la vita è una sola, a volte neanche troppo lunga, e che allora occorrerebbe fermarsi ogni tanto, riflettere e pensare se ciò che stiamo facendo sia giusto, se non ci manchi qualcosa, ma non qualcosa di materiale, qualcosa legato all’affetto, alle cose banali ma necessarie. Tante volte avremmo solo bisogno di un abbraccio, ma non c’è tempo per darselo. Tante volte basterebbe una telefonata, ma non abbiamo voglia di farla e rimandiamo. Il rimandare è diventato una moda. “Lo faccio poi, vado un altro giorno, adesso non ne ho voglia”. E se il “poi, un altro giorno” fossero troppo tardi? Se non arrivassimo più in tempo? Non ci pensate mai? Concordo con chi penserà che un conto sono le parole, un conto sono i fatti, ma possiamo sempre provarci, no? Pensate se ognuno di noi sapesse esattamente il giorno e l’ora in cui lascerà questo mondo. Non credete che si vivrebbe in modo diverso? Meno arrabbiati, meno di fretta, meno distratti, meno tutto insomma? Io per prima non ci avevo mai pensato, ma, come ho detto all’inizio, le cose cambiano e può cambiare anche il modo di ragionare, di vedere la vita, di vivere. Se le cose vanno bene, però, perché cambiare? Perché sbattersi più di tanto? In effetti è vero anche questo. Nessuno sa cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Semplicemente bisognerebbe solo fermarsi un attimo ogni tanto e farsi un esame di coscienza, guardare “dall’esterno” la propria vita e chiedersi se siamo soddisfatti, se stiamo bene, se è tutto ok o se, invece, si potrebbe cambiare qualcosa nel nostro stile di vita per respirare più serenamente, per essere più positivi. E, riflettendoci bene, non sarebbe neanche così difficile. Basterebbe isolarsi dal mondo, non accendere la tv, non leggere i giornali, spegnere il cellulare, il computer e abbandonarci a noi stessi. Non è necessario farlo sempre, basterebbe ogni tanto. Si può fare, no? Dovremmo imporcelo come regola. Un giorno ogni tanto. Farebbe bene, al nostro corpo e alla nostra anima. Il cervello si depurerebbe dai pensieri negativi e noi ci sentiremmo più leggeri, più noi stessi. E la storia che sto per raccontarvi racchiude un po’ tutti questi miei pensieri. Pensieri reali inseriti in un racconto di fantasia, con lo scopo di farvi viaggiare nella mente dei vari personaggi - piuttosto complicati caratterialmente - ed emozionare. Affronterò alcuni temi importanti, in primis la violenza sulle donne. Noemi è una vittima, una come tante, che dovrà cercare di recuperare la voglia di vivere per ritornare a essere se stessa. Parlerò della malattia che, spesso e volentieri, quasi per farci un dispetto, arriva all’improvviso, rovesciando tutti i nostri progetti, le nostre ambizioni, i nostri sogni e troppo sovente porta alla morte. Come si fa, per chi rimane, a superare un lutto senza modificare il corso della propria vita? Si può reagire o è meglio chiudersi in se stessi e lasciarsi travolgere dal vuoto che la perdita di una persona cara ci lascia? Affronterò il tema della solidarietà verso le persone svantaggiate, che vivono in condizioni estreme, in povertà e nella mancanza di mezzi per sopravvivere. Cercherò di farvi riflettere su quanto conti la carriera nella vita, se sia davvero così importante e, talvolta, più importante delle relazioni interpersonali. Il successo ci riempie la vita? O è solo un di più, un aiuto per farci sentire realizzati? Una storia che vuole lasciare a tutti voi un messaggio di speranza. La vita, in fondo, è unica per ognuno di noi, è una continua sorpresa, un arcobaleno di colori e siamo noi che possiamo scegliere di quale sfumatura dipingere la nostra, l’importante è non arrendersi mai.
CONTINUA A LEGGERE


http://www.amazon.it/Amore-Innocente-Elvira-Tonelli-ebook/dp/B00UY1CEOK/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1428584114&sr=8-1&keywords=amore+innocente+ebook

Nessun commento:

Posta un commento